
Di: Lena Anderson
Edito da: Lupoguido Editore
La piccola Stina – bambina di sette/otto anni, dal viso simpatico e i capelli arruffati, piglio deciso, libera, autonoma, curiosa, esploratrice impertinente – passa l’estate con il nonno, in una piccola e accogliente casa in riva al mare. La bimba vive le sue giornate all’aria aperta, a piedi nudi, a contatto con la natura, che le regala momenti di gioco creativo, escursioni, scoperte. Stina trascorre gran parte del suo tempo a raccogliere quello che la terra e l’acqua le regalano; colleziona cassette di legno, bastoncini, conchiglie, sassolini, piume e tutto ciò che il mare porta a riva. Gli oggetti accumulati vengono catalogati con meticolosità e custoditi con cura in scatole e contenitori a comparti.
<<Stina non si stanca mai di cercare oggetti sulla spiaggia. Oggi ha trovato una nuova cassetta di legno.>>
Il nonno vigila sulle sue imprese, la controlla da lontano, pur lasciandola fare, non impone la sua presenza; egli infatti non interviene, non è intrusivo nelle avventure spensierate e giocose della piccola.
Un giorno, subito dopo pranzo, il nonno racconta a Stina che è l’onomastico del suo vecchio amico d’infanzia Alex, detto anche “Capitan Fanfarone”, e propone alla piccola di fargli una sorpresa: andarlo a trovare per portargli gli auguri. Nonno e nipotina preparano una merenda da condividere e si avviano verso l’abitazione di Alex, una piccola casa di legno sulla spiaggia. L’amico del nonno li accoglie a letto, sotto le coperte.
<<Aprono la porta della camera da letto ed ecco Capitan Fanfarone sotto la coperta! Si vede subito che è triste, perché ha gli occhi tutti lucidi>>.
Appena “Capitan Fanfarone” si accorge della loro presenza, e soprattutto dopo l’invito di Stina ad alzarsi per mangiare pane e miele insieme, abbandona velocemente il letto e prepara la tavola. La cucina diventa, dopo pochi istanti, un palcoscenico per Capitan Fanfarone che, come suggerisce il soprannome, racconta alla piccola storie <<a raffica>>, imprese e peripezie a cui è difficile credere. <<Io ero l’unico sopravvissuto. Tutto solo ho lottato per la vita tra le furiose onde dell’Oceano Pacifico>>. Alex narra di aver dovuto affrontare una disastrosa tempesta, di essere sopravvissuto ad un naufragio. <<Il mare pullulava di squali! Ero convinto che fosse giunta la mia ora e stavo per andare a fondo quando è arrivata, dondolo dondoloni, una tinozza … >>, che conserva ancora sotto il lavello della cucina e che decide di regalare alla piccola.
Stina accetta con entusiasmo di portarsi a casa la tinozza, oggetto emblematico ed utile per nuove e spericolate imprese ludiche.
LEGGIAMO INSIEME
La storia è impreziosita da illustrazioni acquerellate a doppia pagina, che permettono di godere di panorami mozzafiato. I toni dell’azzurro/grigio, le sfumature, le luci e le ombre raccontano un paesaggio marino del nord che incanta e suggestiona.
Aiutiamo i nostri bambini ad osservare attentamente ogni singola illustrazione, a leggere i volti espressivi dei protagonisti, a cogliere la ricchezza degli interni, a guardare la resa dei movimenti nello spazio, a riconoscere e nominare tutto quello che si trova in primo piano sulle tavole.
La narrazione ricorre a modi di dire e parole “difficili”, non certo per noi adulti, ma molto probabilmente nemmeno del tutto accessibili per un bambino. E’ opportuno che questi termini e modi di dire – quali ad esempio pullulava, giunta la mia ora, tinozza, forziere, vascello, abissi marini, colata a picco, ciurma, imperversava, a raffica, a bordo, pagaiato … – non vengano rimossi e/o semplificati durante la lettura. Meglio leggerli facendo seguire la spiegazione, così da supportare il piccolo ascoltatore nella comprensione ma anche nella conoscenza e memorizzazione di nuove parole, per ampliare il proprio vocabolario.
Stina trova Capitan Fanfarone a letto, triste.
Non sempre negli albi illustrati, nelle narrazioni destinate ai bambini, si raccontano le emozioni degli adulti, soprattutto quelle negative. Capita piuttosto che si narrino e si indaghino le emozioni dei piccoli, soprattutto in questi ultimi tempi. Qui invece si parla proprio di tristezza: uno stato emotivo faticoso che viene vissuto proprio da un adulto, che ha gli occhi lucidi, sta male, resta a letto in pieno giorno.
Stina mostra una competenza emotiva relazionale, ovvero è in grado di riconoscere, definire nominare e quindi in definitiva di capire come sta Capitan Fanfarone. La lettura condivisa di questa storia offre ad adulti e bambini un’occasione per parlare di emozioni negative e cupe, spesso celate. E’ un invito ai genitori a far trasparire i propri stati d’animo, a condividerli con i figli, così che abbiano modo di vivere un rapporto autentico, di imparare a gestire e riconoscere anche momenti negativi vissuti dagli altri e crescere emotivamente.
Il Capitan Fanfarone racconta storie improbabili che rapiscono Stina e la catapultano al centro di avventure rocambolesche (1). Capitan Fanfarone si rivela un “contafavole” straordinario, una figura che oggi si è persa e che quindi i nostri bambini non hanno più la fortuna di incontrare, poichè gli adulti stanno sempre più abbandonando l’abitudine di “raccontare storie” a viva voce, preferendo di gran lunga la lettura.
Il potere del racconto orale dovrebbe essere rivalutato, per favorire la trasmissione di saperi e conoscenze tra generazioni.
<<La narrazione contribuisce a creare legami, a collocare il bambino in una geografia affettiva e generazionale, famigliare e sociale; dà continuità e spessore al tempo; trasmette nuove parole attraverso la lingua del piacere e del contatto. Le storie raccontano il mondo e ribaltano i ruoli permettendo a ciascuno di passare da ascoltatore a protagonista. Narratore a sua volta per rassicurare sé stesso e raccontare agli altri>> (2).
Il racconto orale ha un fascino e un potere differente rispetto alla lettura e Capitan Fanfarone ce lo mostra molto bene. Quando raccontiamo, infatti, siamo diversi rispetto a quando leggiamo. Siamo più espressivi e comunicativi, più coinvolti emotivamente, lasciamo trasparire le nostre emozioni, la voce si colora, mettiamo in gioco anche la nostra gestualità; acquistano significato lo sguardo, i gesti, i movimenti corporei, l’utilizzo dello spazio. Il linguaggio è molto vicino al parlato quotidiano, per adattarsi alle esigenze e competenze di comprensione dei piccoli ascoltatori. Attenzione però, perchè il “contafavole” deve essere bravo e capace a non far diventare il racconto una conversazione, a non far interrompere la narrazione con domande e risposte continue, che potrebbero frammentare la storia e comprometterne la comprensione (3).
Ma cosa succede ai bambini se crescono senza o con pochi racconti?
Le attuali condizioni sociali rischiano d’essere accompagnate da un “vuoto” e/o una povertà narrativa nelle giovanissime generazioni. Fra le cause di ciò possiamo annoverare le migrazioni, le famiglie nucleari e isolate, la mancanza di nonni e/o grandi adulti vicini, depositari di racconti famigliari, tradizionali e fantastici che si tramandano di generazioni in generazioni. Concorre a creare il “vuoto” narrativo anche la mancanza di tempo: raccontare ai propri figli richiede intimità, quiete, calma … richiede uno spazio protetto, un angolo, un luogo di sosta, necessità di presenza e attenzione, che non sempre la quotidianità garantisce e regala con generosità.
Impoverire le pratiche narrative, sottovalutare l’importanza del raccontare ai piccoli, della comunicazione e della conversazione diretta e/o mediata dai libri e dagli albi illustrati, rischia di far vivere i bambini in una condizione di povertà narrativa, con forti ricadute sullo sviluppo psicoaffettivo. Una ricerca americana ha rilevato che la narrazione orale <<in età precoce ha effetti altamente positivi sul legame genitori/figli, sullo sviluppo cognitivo e anche su quello linguistico. Attraverso le storie i bambini acquisiscono nuovo lessico e modi di dire, interiorizzano e fanno propri ritmo e fluenza, organizzano il linguaggio sedimentando strutture e regole>> (4). Non è così per i bambini che crescono “senza storie”. Riporto solo un dato significativo della ricerca che ha contato il numero di vocaboli ascoltati in un’ora di racconto/conversazione: 500 parole contro le 1100 ascoltate dai bambini con genitori “contafavole”!
L’ascolto delle storie si conferma un ottimo “strumento” per sostenere lo sviluppo cognitivo, linguistico e sociale dei bimbi, perché <<agisce profondamente sul processo di acquisizione linguistica, arricchisce il lessico, trasmette le strutture di base e il loro uso, influenza il ritmo, facilita la pronuncia e mette le basi per la futura alfabetizzazione>>.
- ANDERSON L., Stina e il Capitan Fanfarone, LupoGuido, Milano, 2019
- – (4) G. FAVARO – M. NEGRI – L.A. TERUGGI, Le storie sono un’ancora, Franco Angeli, Milano, 2018, pag.14-15
- BLEZZA PICHERLE, Leggere alla scuola materna, Brescia, La Scuola, 1996
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