Libreria Libri e giochi – Besana Brianza

Quelli come noi non piangono

Di: JACQUES VRIENS

Edito da: Albe Edizioni 2021

Akkie frequenta l’ultimo anno della primaria; è la migliore calciatrice della scuola; si ammala di leucemia e la sua vita cambia radicalmente.

Riassunto scarno e conciso di “Quelli come noi non piangono”, storia della quale non voglio svelare  di come Akkie  affronta la devastante malattia e le sue conseguenze, di quanto hanno sofferto i suoi genitori, di come i compagni di classe abbiano seguito il decorrere delle cure;  voglio invece condividere alcune riflessioni  su come la situazione è  stata affrontata e gestita da alcuni adulti.

La maestra Ina si rivela insegnate autorevole, dalle doti empatiche rare, dotata di una profonda sensibilità che la guida a supportare la sua classe, mentre Akkie è malata.

Ina non fa sconti ai ragazzi rispetto alla gravità della situazione, non edulcora l’evoluzione della malattia, non si sottrae alle domande, alle lacrime, alle paure, ai timori che attraversano gli animi dei suoi alunni. Non tergiversa quando è chiamata a raccontare la leucemia, l’impatto che ha su Akkie e le cure che deve affrontare, ma nello spiegare e nel raccontare lo svolgersi dei fatti ricorre a parole amorevoli e miti, senza indugiare su particolari raccapriccianti, si mostra scrupolosa e profondamente umana.

“Si tratta di Akkie e non so bene da che parte iniziare, per me non è facile dirvelo”

La maestra accoglie i vissuti di ogni singolo a cui reagisce in modo diverso, proprio per soddisfare il bisogno di ognuno di essere rassicurato.  Se  qualcuno è in difficoltà lei si siede  accanto, per  tranquillizzare, infondere fiducia, sostenere; sa sintonizzarsi su ogni alunno, è capace di ascolto, di comprendere e tenere in considerazione i vissuti emotivi.

Lei ha già percorso la strada di quella malattia: alcuni anni prima suo marito Richard si era ammalato ed era morto. Perciò conosce bene quella tristezza, rabbia, speranza e dubbio che l’hanno  accompagnata allora e che sono tornate a farle visita nuovamente. Come allora ha paura, teme di perdere il controllo, sa che potrebbe pietrificarsi di fronte ad una vicenda tanto ingiusta, ma si aggrappa alla speranza, che illumina sempre le sue parole mentre sta con i ragazzi.

La maestra Ina sa che  non può sottrarsi alle tante domande sulla malattia di Akkie, sa che non può scappare di fronte  alle paure  e alle curiosità della classe. Risponde  con sincerità, non sminuendo le loro emozioni, accogliendo la loro urgenza  di sapere. E con sincerità si mostra incapace di trovare risposte assolute.

 “La maestra non rispose subito. Si chiedeva fino a che punto doveva continuare a spiegare tutto sulla malattia. Lei sapeva che le risposte vaghe non li avrebbe aiutati, avrebbero potuto immaginare cose ancora più spaventose. Decise di non girarci intorno e scelse le parole giuste, gli esempi adatti per spiegare”

Quando la classe è raggiunta dalla notizie della scomparsa di Akkie, Ina è rispettosa verso qualsiasi manifestazione spirituale di ogni suo alunno, quando si tratta di salutare per l’ultima volta la compagna.

“Ognuno deve decidere da solo cosa fare … siamo una scuola pubblica e quindi qui non si prega. Ma per noi è molto importante che ognuno di voi possa essere sè stesso. Quindi, se volete pregare, fatelo pure. Ma potete anche pensare ad Akkie senza pregare, o mandarle qualcosa. O potete fare tutte queste cose assieme, basta che lo facciate a modo vostro”.

La scomparsa di Akkie solleva molte domande e paure nel gruppo classe. Ancora la maestra Ina parla con sincerità della malattia che porta alla morta, della morte degli anziani raccontata come evento naturale iscritto nel ciclo della vita. Di fronte a un evento così tragico riesce a  mettere l’accento sul fatto che comunque per l’uomo la morte resta …

 “una cosa incomprensibile. A volte ci sono domande a cui non so rispondere. A volte mi prendete in giro perché pensate che una maestra deve sapere tutto, ma stavolta non ho davvero una risposta”.

Vi sono altri adulti che non tergiversano di fronte alle tante domande scomode e imbarazzanti  che la malattia sollecita, che  sono capaci di stare accanto con parole e presenza incisive.

Il dottor Boffo, ad esempio, che racconta con chiarezza passo passo il piano della cura;

L’infermiera Veerle che non si sottrae a  Akkie quando le chiede spiegazioni sulla morte:

“Naturalmente mi è capitato di veder morire qualcuno, qui. A volte anche bambini. Credo che il nostro corpo sia solo un contenitore. Quello che c’è dentro è molto più importante. Non parlo dello stomaco o dei polmoni, ma delle cose che non puoi vedere, quello che senti e che pensi. E anche quello che significhi per altre persone: se sei una buona amica, se vuoi bene ai tuoi genitori, se sei innamorata di qualcuno. Quando muori, muore il tuo corpo, ma le altre cose continuano a esistere … le persone che ti amano non dimenticheranno quelle cose. Quelli sono ricordi e rimangono qui. Quindi ci sei ma non ci sei”.

La riflessione nata dopo la lettura di questo libro è alimentata da molte domande su come noi adulti sappiamo stare accanto ai bambini, che  attraversano le grandi fatiche della vita, su quanto siamo in grado di accogliere le loro domande  e di rispondervi con sincerità, su quanto le loro emozioni e reazioni trovano in noi un buon riparo entro il quale poterle abitare, su quanto  noi siamo riusciamo ad essere solidi senza lasciarci travolgere dagli eventi.