
Molte mamme mi raccontano che leggono a voce alta al proprio bambino fin da quando era piccolissimo, praticamente neonato, sperando che ciò possa contribuire a far nascere in lui passione per il libro e la lettura. Numerosi studi ci rassicurano e ci ricordano che effettivamente l’amore per i libri si impara da piccolissimi e soprattutto in famiglia.
Leggere a voce alta in famiglia.
La lettura in famiglia, seduti comodi sulle gambe di mamma e papà, risulta essere un momento importante per avvicinare i nostri figli al libro. La pratica della lettura in famiglia costituisce anche un’occasione speciale per condividere esperienze, saperi, emozioni e per arricchire la relazione genitori/figli. Con la lettura si stabilisce una diversa comunicazione, lontana da quella quotidiana definita “comunicazione funzionale”, imposta dai ritmi di vita veloci in cui prevalgono scambi verbali rituali e strettamente connessi ai numerosi impegni giornalieri: <<hai fatto i compiti … riordina … vai a farti la doccia … prepara lo zaino … stai fermo … vieni a mangiare … finisci di giocare>>. Questo tipo di comunicazione “consumistica” si caratterizza per impoverimento linguistico e per non nutrire rapporti empatici e di ascolto fra i componenti familiari. Il momento della lettura, invece, si differenzia per offrire rituali, tempi lunghi, distesi e lenti, ritmi adatti al bambino, aiuta a creare occasioni ove vivere rapporti intensi, complici, affettuosi e di ascolto reciproco.
Leggere è prendersi cura dell’altro.
I benefici della lettura condivisa in famiglia si manifestano anche nei comportamenti dei nostri bambini.
Vi è mai capitato di trovarli intenti a leggere qualche storia a un gruppo di bambole sedute in fila sul divano o al peloso di casa, costretto a stare fermo in un angolo ad ascoltare? I miei figli lo facevano spesso e mi divertivo ad ammirare i loro gesti precisi nel girare le pagine, la loro competenza nel reggere il libro per il verso giusto, il loro atteggiamento da lettore consumato e sicuro, quando avevano solo pochi anni. Il bimbo che possiede queste abilità lascia trasparire che ha ricevuto delle ottime “cure narrative”, che l’adulto ha letto per quel bimbo con amore e generosità.
Le cure narrative.
Le “cure narrative” si differenziano. Infatti si possono definire “cure” speciali, diverse e lontane ovviamente da quelle che rimandano a pratiche mediche.
Si tratta di “cure” che si attivano quando un adulto narra e legge per un bambino che ascolta.
Si tratta di “cure” fatte di parole che circolano, guariscono, coccolano, nutrono, accarezzano la mente di chi ascolta.
Si tratta di “cure” che prendono forma e sostanza all’interno della relazione lettore/ascoltaore.
Luigina Mortari parla proprio di cura delle mente e ci ricorda che tale <<è la pratica che ha luogo in una relazione in cui qualcuno si prende a cuore un’altra persona dedicandosi attraverso azioni cognitive, affettive, materiali, sociali e politiche, alla promozione di una buona qualità della sua esistenza>>.
Leggere e/o raccontare storie dunque rientra in questa pratica, è un’azione cognitiva ed affettiva che, come sostiene Jerome Bruner, “modella l’esperienza quotidiana” del bimbo e non deve quindi essere considerata solo un passatempo.
Nel momento in cui leggo a voce alta per mio figlio è intrinseca nel mio atto una preoccupazione dell’altro, un occuparsi di chi ascolta, della sua crescita e del suo benessere interiori. La “cura” attraverso la lettura a voce alta si carica di significati profondi, perché con il libro l’adulto traccia un percorso verso l’autonomia, promuove la costruzione del sé, innesca e attiva processi cognitivi ed affettivi necessari per un’esistenza ricca.
Un genitore quando legge una storia al suo bambino è probabile che non sia consapevole di quanto questo suo atto sia generoso e fecondo per la mente del suo piccolo.
Marco Dallari sottolinea che <<una delle pratiche in cui la cura esprime con maggior evidenza ed intensità il suo potenziale di intensità effettiva, coniugato agli aspetti portatori di emancipazione, autonomia e di incremento delle risorse cognitive, è quello in cui un adulto racconta una storia ad un bambino>>.
La cura narrativa tuttavia non si limita solo a trasmettere contenuti e saperi ma, all’interno della relazione lettore/ascoltatore contribuisce alla costruzione di un sapere condiviso, ad uno stare in ascolto autentico, a colorare il presente di senso.
Riferimenti bibliografici
MORTARI, Aver cura delle mente, Carocci, Roma 2013
S. BONACCINI (a cura), La narrazione come pratica di cura. Teorie esperienze immaginari. Edizioni Junior, Parma, 2014