Di: A. Marois, G. DuBois
Edito da: Orecchio Acerbo
“Facciamo che” mi catapulto nella mia infanzia, quando nei pomeriggi assolati assieme a cugini e fratelli ci chiudevamo in camera e “nuotavamo” sotto i letti in cerca di mostri da uccidere. “Facciamo che” … racconta con straordinaria semplicità un pomeriggio di gioco tra due bambini, che lasciati soli dalla mamma, si avventurano in un mondo dove fantasia e immaginazione dettano legge. Nonostante la promessa di fare i bravi, i due amichetti vanno in camera e, in pieno accordo, decidono di inventare una storia. La narrazione che nasce dalle loro menti li vede protagonisti assoluti, trasformati in guerrieri senza paura, soli in un’isola deserta, pronti ad affrontare nemici cattivi, che decidono di sconfiggere con armi speciali.

I nemici si rivelano decisamente troppi e i due guerrieri sono costretti a lasciare l’isola e a ritirarsi nel Paese della Cuccagna, ove possono rifocillarsi e riprendere le forze. La battaglia tuttavia diventa sempre più aspra, perché vengono attaccati da due mostri, che verranno sconfitti e fatti prigionieri. Ma lo scontro non è ancora concluso; si dirigono così verso la montagna per sorvegliare la pianura e costruire una fortezza per difendersi anche se devono fuggire nuovamente per non essere colpiti dal cielo. Fuggo nel deserto portandosi dell’acqua, necessaria anche per dissetare il mostro peloso (cane!); per non farsi scoprire si travestono e dopo un breve riposo sono nuovamente pronti ad una nuova combattimento, dopo essersi tuffati nel fiume ma … il ritorno della mamma fa terminare immediatamente il gioco. Adesso i due guerrieri dovranno veramente affrontare il nemico!

La storia, ambientata tra le pareti domestiche, racconta un gioco avventuroso, scaturito da una narrazione condivisa dei due bambini – e se inventiamo una storia … facciamo che siamo due guerrieri – ove i piccoli si trovano ad affrontare un problema: il nemico! Questo richiede che i “guerrieri” si accordino, mettano a punto strategie, si servano di oggetti e materiali per costruire fortezze, affrontino paure ed emozioni, gestiscano i prigionieri, si avvalgano delle loro forze e abilità motorie, cerchino di intuire le scelte del nemico. I “guerrieri” dunque devono mettere in campo tutte le competenze che possiedono, sul piano cognitivo-emotivo-relazionale-motorio, perchè in questo gioco di finzione varcheranno i limiti dell’infanzia per ritrovarsi nel mondo degli adulti. Per affrontare il nemico, i due “guerrieri” utilizzano ambienti, mobili, oggetti per rappresentare qualcos’altro, tutto quello che li circonda evoca nella loro mente elementi assenti: il letto diventa un’isola, i cuscini delle enormi rocce, la cucina il Paese della Cuccagna, il gatto e il cane i mostri pelosi, tavolo, sedie e panche la montagna … e via così fino a tuffarsi nella vasca da bagno diventata il fiume. Questo “uso” si evince dalle illustrazioni vintage dell’albo, che immortalano i momenti di gioco e che meritano una lettura specifica dell’insieme e del particolare, poichè aggiungono informazioni alla storia, che viene così valorizzata. Dalla narrazione emerge con tutta la sua forza la complessità e l’importanza del gioco simbolico, che vede i due bambini vivere questo momento con impegno: mettere in scena situazioni reali favorisce l’esplorazione e la rielaborazione del vissuto emotivo, aiuta ad imparare ad immedesimarsi negli altri, a riorganizzare e riutilizzare informazioni complesse, a dar vita a combinazione inedite e a nutrire il pensiero astratto e divergete, a cooperare e a verbalizzare. Il gioco di finzione celebrato in questo piccolo albo illustrato è un invito soprattutto per gli adulti a lasciar liberi i bambini a dar sfogo alla loro fantasia ed immaginazione, potendo disporre di tempi vuoti da riorganizzare a piacimento!